IL CONCLAVE
Nel pomeriggio di lunedì 18 aprile 2005 ha avuto luogo l'ingresso in
Conclave (dalla locuzione latina
cum Clavis) e il giuramento dei cardinali secondo quanto
previsto dall'
Ordo Rituum Conclavis. Gli elettori si erano già trasferiti alla Domus
Sanctae Marthae nel pomeriggio di domenica 17 aprile, consumando una cena comunitaria.
Dall'aula della Benedizione, preceduti dalla Croce e dal Libro dei Vangeli, al canto delle
litanie dei Santi, i cardinali elettori si sono diretti processionalmente alla Cappella Sistina
dove, dopo il canto del
Veni Creator, hanno proferito il giuramento prescritto (il decano legge
la formula, e in seguito ogni cardinale, pronunciando il suo nome e ponendo le mani sul Vangelo,
pronunzia le parole
prometto, mi obbligo e giuro).
Oltre ai cardinali elettori hanno partecipato alla processione il segretario del Conclave; il
maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie; il segretario del cardinale decano;
l'ecclesiastico per la meditazione; i cerimonieri; il diacono; i ministranti e la cappella
musicale pontificia.
In base all'articolo n. 46 della
Universi dominici gregis erano stati convocati nella
Sala Regia: il segretario del collegio cardinalizio; i cerimonieri pontifici; i religiosi
addetti alla sagrestia pontificia; l'ecclesiastico scelto dal cardinale decano perché lo assista nel
proprio ufficio; i religiosi di varie lingue per le confessioni; i medici e gli infermieri; il
personale addetto ai servizi della mensa e delle pulizie; il personale dei servizi tecnici; gli
addetti al trasporto degli elettori dalla Domus Sanctae Marthae al Palazzo Apostolico; gli
addetti agli ascensori del Palazzo Apostolico; i sacerdoti concessi come assistenti di alcuni
cardinali elettori.
Tutti costoro pertanto, dopo essere stati istruiti sul significato del giuramento, hanno dovuto
pronunziare e sottoscrivere personalmente la formula prevista davanti a Sua Eminenza il
cardinale Eduardo Martínez Somalo, Camerlengo di Santa Romana Chiesa, alla presenza di due
cerimonieri pontifici.
Alle ore 16 avevano fatto il loro ingresso alla Cappella Sistina il sostituto della segreteria
di Stato; il segretario per i rapporti con gli Stati; il prefetto della casa pontificia; i due
religiosi addetti alla sagrestia e il comandante della Guardia svizzera pontificia.
Era inoltre presente il personale di servizio autorizzato, ossia la Guardia svizzera, il corpo
sanitario, la floreria, i fotografi e i media autorizzati: L'Osservatore Romano, Radio Vaticana,
Centro Televisivo Vaticano, sala stampa della Santa Sede.
Dopo il giuramento, il maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie ha intimato lo extra
omnes e chi non partecipava al Conclave ha lasciato la Cappella Sistina, eccetto il maestro
delle celebrazioni liturgiche, e un cardinale di specchiata dottrina e autorevolezza morale (in
questa prima sessione l'incarico è caduto su Tomáš Špidlík), per la meditazione,
terminata la quale anch'essi hanno lasciato la Sistina.
È di fondamentale importanza infatti che gli elettori subito dopo la distribuzione delle schede
vengano lasciati soli e che compilino, "con grafia quanto più possibile non riconoscibile" il
nome del prescelto sotto le parole
Eligo in Summum Pontificem (
Universi dominici gregis,
articoli 64 e 65).
LA CAPPELLA SISTINA
Per l'occasione nella Cappella Sistina sono stati collocati dodici tavoli, sei su ciascun lato,
un leggio con il Vangelo sul quale i porporati erano tenuti a prestare giuramento, i tavoli con
le urne dove sono state raccolte le schede con i voti e la stufa che è stata impiegata per
bruciare le schede e dalla cui canna fumaria è passata la "fumata".
La stufa era quella utilizzata per la prima volta durante il Conclave dell'anno 1939, quando fu
eletto Papa Eugenio Pacelli, Pio XII. Realizzata in ghisa, è dotata di uno sportello inferiore
per l'accensione dell'innesco, con valvola manuale di regolazione del tiraggio e di uno
sportello superiore per l'introduzione dei documenti da bruciare. Sulla calotta superiore della
stufa sono riportate, mediante punzonatura, le date - anno e mese - dei Conclavi.
Le "fumate nere" sono ottenute con la bruciatura delle schede; la "fumata bianca" con la
bruciatura delle schede e di paglia umida. Per la prima volta è stata impiantata anche
un'apparecchiatura ausiliaria a fumogeni, per incrementare la visibilità delle fumate.
A questo Conclave hanno partecipato 115 cardinali (due soli gli assenti: il filippino Sin e il
messicano Rivera) di 52 Paesi che rappresentano i cinque continenti, e che hanno inaugurato il
primo Conclave del Terzo Millennio.
LA PRIMA FUMATA E L'ELEZIONE LAMPO DI BENEDETTO XVI
Alle ore 20.04 del 18 aprile 2005 dalla canna fumaria della Cappella Sistina è apparsa la prima
fumata nera, segno che i cardinali hanno effettuato una prima votazione (decisione presa in
ottemperanza di una libera scelta degli elettori, ma senza pervenire all'elezione del nuovo Pontefice.
Il giorno seguente, dopo le due votazioni del mattino, è apparsa una nuova
fumata nera (ore 11.52), seguita dalla definitiva fumata bianca alle ore 17.50, accompagnata
dopo alcuni minuti dal festante suono di campane.
Alle ore 18.43, dalla loggia esterna dell'aula della Benedizione della basilica vaticana, il
cardinale protodiacono ha dato il solenne annuncio al popolo. Queste le parole del cardinale
Jorge Arturo Medina Estévez:
Annuntio vobis gaudium magnum;
habemus Papam:
Eminentissimum ac Reverendissimum Dominum,
Dominum. Josephum
Sanctae Romanae Ecclesiae Cardinalem Ratzinger
qui sibi nomen imposuit. Benedictum XVI.
Alle ore 18.48 il Santo Padre Benedetto XVI, preceduto dalla Croce, si è affacciato alla loggia
esterna della Benedizione della basilica vaticana per salutare il popolo e impartire la
benedizione apostolica
Urbi et Orbi.
Prima della benedizione il nuovo Pontefice ha rivolto ai fedeli alcune parole: "Cari fratelli e
sorelle, dopo il grande Papa Giovanni Paolo II, i signori cardinali hanno eletto me, un
semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore. Mi consola il fatto che il Signore sa
lavorare ed agire anche con strumenti insufficienti e soprattutto mi affido alle vostre
preghiere. Nella gioia del Signore risorto, fiduciosi nel suo aiuto permanente, andiamo avanti.
Il Signore ci aiuterà e Maria sua Santissima Madre starà dalla nostra parte. Grazie".
L'elezione di papa Benedetto XVI
Papa Benedetto XVI saluta la folla di fedeli in piazza San Pietro dopo la fumata bianca
Il saluto di papa Benedetto XVI ai fedeli
IL PROGRAMMA DEL NUOVO PONTEFICE
Già nell'omelia della celebrazione
Pro eligendo Romano Pontefice, l'ancora
cardinale decano Ratzinger aveva tratteggiato un quadro della società attuale tracciandone un
giudizio severo conscio tuttavia della possibilità che la Chiesa stessa fosse accusata di
rigidità e fondamentalismo: "Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi
decenni, quante correnti ideologiche, quante mode del pensiero [...]. La piccola barca del
pensiero di molti cristiani è stata non di rado agitata da queste onde - gettata da un estremo
all'altro: dal marxismo al liberalismo, fino al libertinismo; dal collettivismo
all'individualismo radicale; dall'ateismo ad un vago misticismo religioso; dall'agnosticismo al
sincretismo e così via. Ogni giorno nascono nuove sette e si realizza quanto dice san Paolo
sull'inganno degli uomini, sull'astuzia che tende a trarre nell'errore. Avere una fede chiara,
secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il
relativismo, cioè il lasciarsi portare "qua e là da qualsiasi vento di dottrina", appare come
l'unico atteggiamento all'altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del
relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il
proprio io e le sue voglie. Noi, invece, abbiamo un'altra misura: il Figlio di Dio, il vero
uomo.
È lui la misura del vero umanesimo. "Adulta" non è una fede che segue le onde della moda e
l'ultima novità; adulta e matura è una fede profondamente radicata nell'amicizia con Cristo.
È quest'amicizia che ci apre a tutto ciò che è buono e ci dona il criterio per discernere tra
vero e falso, tra inganno e verità. Questa fede adulta dobbiamo maturare, a questa fede
dobbiamo guidare il gregge di Cristo. Ed è questa fede - solo la fede - che crea unità e si
realizza nella carità".
IL PRIMO MESSAGGIO DI BENEDETTO XVI: COMUNIONE E COLLEGIALITÀ
Nella prima concelebrazione eucaristica (20 aprile 2005) Papa Ratzinger si è rivolto al collegio
cardinalizio ringraziando gli elettori e esprimendo i propri sentimenti, smentendo così quanti
lo ritenevano un rigido osservante dell'ortodossia forse per l'incarico di prefetto della
congregazione della fede ricoperto da Benedetto XVI prima dell'elezione al soglio pontificio;
dapprima ha ricordato il proprio ruolo e la propria inadeguatezza di fronte alla grandezza del
compito affidatogli, quindi ha espresso un fiducioso senso di abbandono alla Divina
Misericordia, ritenuta dono particolare impetrato da Giovanni Paolo II, il cui nome è stato
citato ben 11 volte.
Dopo aver menzionato i meriti del defunto Pontefice, Papa Benedetto XVI ha introdotto alcuni
temi che dovrebbero rappresentare l'ossatura del prossimo mandato petrino, orientato nel
rispettoso solco del proprio predecessore: impegno nell'attuazione delle direttive del Concilio
Vaticano II, devozione a Cristo eucaristia espressa soprattutto nella solennità e nella
correttezza delle celebrazioni (una purificazione della memoria a cui si sente chiamato in
prima persona) ecumenismo e apertura alle altre religioni (o semplicemente a tutti coloro alla
ricerca di una risposta alle vere domande dell'esistenza), e un profondo interesse per i
giovani, futuro e speranza della Chiesa e dell'umanità intera.
Dice Papa Ratzinger nel suo discorso: "Nel mio animo convivono in queste ore due sentimenti
contrastanti. Da una parte, un senso di inadeguatezza e di umano turbamento per la
responsabilità che ieri mi è stata affidata, quale successore dell'apostolo Pietro in questa
Sede di Roma, nei confronti della Chiesa universale. Dall'altra parte, sento viva in me una
profonda gratitudine a Dio, che - come ci fa cantare la liturgia - non abbandona il suo gregge,
ma lo conduce attraverso i tempi, sotto la guida di coloro che Egli stesso ha eletto vicari del
suo Figlio e ha costituito pastori. Carissimi, questa intima riconoscenza per un dono della
divina misericordia prevale malgrado tutto nel mio cuore. E considero questo fatto una grazia
speciale ottenutami dal mio venerato predecessore, Giovanni Paolo II. Mi sembra di sentire la
sua mano forte che stringe la mia; mi sembra di vedere i suoi occhi sorridenti e di ascoltare
le sue parole, rivolte in questo momento particolarmente a me:
Non avere paura! La morte del
Santo Padre Giovanni Paolo II, e i giorni che sono seguiti, sono stati per la Chiesa e per il
mondo intero un tempo straordinario di grazia. Il grande dolore per la sua scomparsa e il senso
di vuoto che ha lasciato in tutti sono stati temperati dall'azione di Cristo risorto, che si è
manifestata durante lunghi giorni nella corale ondata di fede, d'amore e di spirituale
solidarietà, culminata nelle sue solenni esequie.
Possiamo dirlo: i funerali di Giovanni Paolo II sono stati un'esperienza veramente
straordinaria in cui si è in qualche modo percepita la potenza di Dio che, attraverso la sua
Chiesa, vuole formare di tutti i popoli una grande famiglia, mediante la forza unificante della
Verità e dell'Amore. Nell'ora della morte, conformato al suo Maestro e Signore, Giovanni Paolo
II ha coronato il suo lungo e fecondo pontificato, confermando nella fede il popolo cristiano,
radunandolo intorno a sé e facendo sentire più unita l'intera famiglia umana. Come non sentirsi
sostenuti da questa testimonianza? Come non avvertire l'incoraggiamento che proviene da questo
evento di grazia?
Sorprendendo ogni mia previsione, la Provvidenza divina, attraverso il voto dei venerati Padri
cardinali, mi ha chiamato a succedere a questo grande Papa. Ripenso in queste ore a quanto
avvenne nella regione di Cesarea di Filippo, duemila anni or sono. Mi pare di udire le parole
di Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente", e la solenne affermazione del
Signore: "Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa [...]. A te darò le chiavi
del regno dei cieli" (
Mt 16, 15-19) [...]. Io, Successore di Pietro, ripeto con trepidazione le
parole trepidanti del pescatore di Galilea e riascolto con intima emozione la rassicurante
promessa del divino Maestro. Se è enorme il peso della responsabilità che si riversa sulle mie
povere spalle, è certamente smisurata la potenza divina su cui posso contare: "Tu sei Pietro e
su questa pietra edificherò la mia Chiesa" (
Mt 16,18). Scegliendomi quale vescovo di Roma, il
Signore mi ha voluto suo Vicario, mi ha voluto "pietra" su cui tutti possano poggiare con
sicurezza. Chiedo a Lui di supplire alla povertà delle mie forze, perché sia coraggioso e
fedele Pastore del suo gregge, sempre docile alle ispirazioni del suo Spirito. Mi accingo a
intraprendere questo peculiare ministero, il ministero petrino al servizio della Chiesa
universale, con umile abbandono nelle mani della Provvidenza di Dio. È in primo luogo a Cristo
che rinnovo la mia totale e fiduciosa adesione:
In Te, Domine, speravi; non confundar in aeternum!
A voi, Signori cardinali, con animo grato per la fiducia dimostratami, chiedo di sostenermi con
la preghiera e con la costante, attiva e sapiente collaborazione. Chiedo anche a tutti i
fratelli nell'Episcopato di essermi accanto con la preghiera e col consiglio, perché possa
essere veramente il
Servus servorum Dei. Come Pietro e gli altri Apostoli costituirono per
volere del Signore un unico collegio apostolico, allo stesso modo il successore di Pietro e i
vescovi, successori degli Apostoli, - il Concilio lo ha con forza ribadito
(cf
Lumen gentium, 22) -, devono essere tra loro strettamente uniti. Questa comunione
collegiale, pur nella diversità dei ruoli e delle funzioni del Romano Pontefice e dei vescovi,
è a servizio della Chiesa e dell'unità nella fede, dalla quale dipende in notevole misura
l'efficacia dell'azione evangelizzatrice nel mondo contemporaneo. Su questo sentiero, pertanto,
sul quale hanno avanzato i miei venerati predecessori, intendo proseguire anch'io, unicamente
preoccupato di proclamare al mondo intero la presenza viva di Cristo. Mi sta dinanzi, in
particolare, la testimonianza del Papa Giovanni Paolo II. Egli lascia una Chiesa più
coraggiosa, più libera, più giovane. Una Chiesa che, secondo il suo insegnamento ed esempio,
guarda con serenità al passato e non ha paura del futuro. Col Grande Giubileo essa si è
introdotta nel nuovo millennio recando nelle mani il Vangelo, applicato al mondo attuale
attraverso l'autorevole rilettura del Concilio Vaticano II. Giustamente Papa Giovanni Paolo II
ha indicato il Concilio quale "bussola" con cui orientarsi nel vasto oceano del terzo millennio
(cf Lett. apostolica
Novo millennio ineunte, 57-58). Anche nel suo Testamento spirituale egli
annotava: "Sono convinto che ancora a lungo sarà dato alle nuove generazioni di attingere alle
ricchezze che questo Concilio del XX secolo ci ha elargito" (17.III.2000). Anch'io, pertanto,
nell'accingermi al servizio che è proprio del successore di Pietro, voglio affermare con forza
la decisa volontà di proseguire nell'impegno di attuazione del Concilio Vaticano II, sulla scia
dei miei predecessori e in fedele continuità con la bimillenaria tradizione della Chiesa [...].
In maniera quanto mai significativa, il mio pontificato inizia mentre la Chiesa sta vivendo lo
speciale Anno dedicato all'Eucaristia. Come non cogliere in questa provvidenziale coincidenza
un elemento che deve caratterizzare il ministero al quale sono stato chiamato? L'Eucaristia,
cuore della vita cristiana e sorgente della missione evangelizzatrice della Chiesa, non può non
costituire il centro permanente e la fonte del servizio petrino che mi è stato affidato.
L'Eucaristia rende costantemente presente il Cristo risorto, che a noi continua a donarsi,
chiamandoci a partecipare alla mensa del suo Corpo e del suo Sangue. Dalla piena comunione con
Lui scaturisce ogni altro elemento della vita della Chiesa, in primo luogo la comunione tra
tutti i fedeli, l'impegno di annuncio e di testimonianza del Vangelo, l'ardore della carità
verso tutti, specialmente verso i poveri e i piccoli. In questo anno, pertanto, dovrà essere
celebrata con particolare rilievo la Solennità del Corpus Domini. L'Eucaristia sarà poi al
centro, in agosto, della Giornata Mondiale della Gioventù a Colonia e, in ottobre,
dell'Assemblea Ordinaria del Sinodo dei vescovi, che si svolgerà sul tema: "L'Eucaristia fonte
e culmine della vita e della missione della Chiesa". A tutti chiedo di intensificare nei
prossimi mesi l'amore e la devozione a Gesù Eucaristia e di esprimere in modo coraggioso e
chiaro la fede nella presenza reale del Signore, soprattutto mediante la solennità e la
correttezza delle celebrazioni. Lo chiedo in modo speciale ai sacerdoti, ai quali penso in
questo momento con grande affetto. Il Sacerdozio ministeriale è nato nel Cenacolo, insieme con
l'Eucaristia, come tante volte ha sottolineato il mio venerato predecessore Giovanni Paolo II.
L'esistenza sacerdotale deve avere a speciale titolo una "forma eucaristica", ha scritto nella
sua ultima Lettera per il giovedì santo. A taleA tascopo contribuisce innanzitutto la devota
celebrazione quotidiana della santa Messa, centro della vita e della missione di ogni sacerdote.
Alimentati e sostenuti dall'Eucaristia, i cattolici non possono non sentirsi stimolati a
tendere a quella piena unità che Cristo ha ardentemente auspicato nel Cenacolo. Di questo
supremo anelito del Maestro divino il successore di Pietro sa di doversi fare carico in modo
del tutto particolare. A lui infatti è stato affidato il compito di confermare i fratelli (cf
Lc 22,32). Con piena consapevolezza, pertanto, all'inizio del suo ministero nella Chiesa
di Roma che Pietro ha irrorato col suo sangue, l'attuale suo Successore si assume come impegno
primario quello di lavorare senza risparmio di energie alla ricostituzione della piena e
visibile unità di tutti i seguaci di Cristo. Questa è la sua ambizione, questo il suo
impellente dovere. Egli è cosciente che per questo non bastano le manifestazioni di buoni
sentimenti. Occorrono gesti concreti che entrino negli animi e smuovano le coscienze,
sollecitando ciascuno a quella conversione interiore che è il presupposto di ogni progresso
sulla via dell'ecumenismo. Il dialogo teologico è necessario, l'approfondimento delle
motivazioni storiche di scelte avvenute nel passato è pure indispensabile. Ma ciò che urge
maggiormente è quella
purificazione della memoria, tante volte evocata da Giovanni Paolo II,
che sola può disporre gli animi ad accogliere la piena verità di Cristo. È davanti a Lui,
supremo Giudice di ogni essere vivente, che ciascuno di noi deve porsi, nella consapevolezza di
dovere un giorno a Lui rendere conto di quanto ha fatto o non ha fatto nei confronti del grande
bene della piena e visibile unità di tutti i suoi discepoli. L'attuale successore di Pietro si
lascia interpellare in prima persona da questa domanda ed è disposto a fare quanto è in suo
potere per promuovere la fondamentale causa dell'ecumenismo. Sulla scia dei suoi predecessori,
egli è pienamente determinato a coltivare ogni iniziativa che possa apparire opportuna per
promuovere i contatti e l'intesa con i rappresentanti delle diverse Chiese e Comunità ecclesiali.
Ad essi, anzi, invia anche in questa occasione il più cordiale saluto in Cristo, unico Signore
di tutti.
Torno con la memoria, in questo momento, all'indimenticabile esperienza vissuta da noi tutti in
occasione della morte e dei funerali del compianto Giovanni Paolo II. Attorno alle sue spoglie
mortali, adagiate sulla nuda terra, si sono raccolti i Capi delle Nazioni, persone d'ogni ceto
sociale, e specialmente giovani, in un indimenticabile abbraccio di affetto e di ammirazione. A
lui ha guardato con fiducia il mondo intero. È sembrato a molti che quella intensa
partecipazione, amplificata sino ai confini del pianeta dai mezzi di comunicazione sociale,
fosse come una corale richiesta di aiuto rivolta al Papa da parte dell'odierna umanità che,
turbata da incertezze e timori, si interroga sul suo futuro.
La Chiesa di oggi deve ravvivare in se stessa la consapevolezza del compito di riproporre al
mondo la voce di Colui che ha detto: "Io sono la luce del mondo; chi segue me non camminerà
nelle tenebre, ma avrà la luce della vita" (
Gv 8,12). Nell'intraprendere il suo ministero il
nuovo Papa sa che suo compito è di far risplendere davanti agli uomini e alle donne di oggi la
luce di Cristo: non la propria luce, ma quella di Cristo. Con questa consapevolezza mi rivolgo
a tutti, anche a coloro che seguono altre religioni o che semplicemente cercano una risposta
alle domande fondamentali dell'esistenza e ancora non l'hanno trovata. A tutti mi rivolgo con
semplicità ed affetto, per assicurare che la Chiesa vuole continuare a tessere con loro un
dialogo aperto e sincero, alla ricerca del vero bene dell'uomo e della società [...]. Non
risparmierò sforzi e dedizione per proseguire il promettente dialogo avviato dai miei venerati
Predecessori con le diverse civiltà, perché dalla reciproca comprensione scaturiscano le
condizioni di un futuro migliore per tutti. Penso in particolare ai giovani. A loro,
interlocutori privilegiati del Papa Giovanni Paolo II, va il mio affettuoso abbraccio
nell'attesa, se piacerà a Dio, di incontrarli a Colonia in occasione della prossima Giornata
Mondiale della Gioventù. Con voi, cari giovani, futuro e speranza della Chiesa e dell'umanità,
continuerò a dialogare, ascoltando le vostre attese nell'intento di aiutarvi a incontrare
sempre più in profondità il Cristo vivente, l'eternamente giovane [...]. Come Pietro, anch'io
rinnovo a Lui la mia incondizionata promessa di fedeltà. Lui solo intendo servire dedicandomi
totalmente al servizio della sua Chiesa. A sostegno di questa promessa invoco la materna
intercessione di Maria Santissima, nelle cui mani pongo il presente e il futuro della mia
persona e della Chiesa. Intervengano con la loro intercessione anche i santi Apostoli Pietro e
Paolo e tutti i Santi".
Un altro momento riesce a dare un ulteriore contributo all'umanità del nuovo Pontefice che, il
22 aprile, ricevendo i cardinali presenti a Roma ha loro confidato le proprie emozioni alla
morte del predecessore e poi quanto provato durante i giorni del Conclave, ammettendo il
proprio "senso di umana impotenza dinanzi all'alto compito che mi attende [...]. "Sento, in
primo luogo" - ha affermato Benedetto XVI - "di dover rendere grazie a Dio, che mi ha voluto,
nonostante la mia umana fragilità, quale successore dell'Apostolo Pietro, e mi ha affidato il
compito di reggere e guidare la Chiesa, perché sia nel mondo sacramento di unità per l'intero
genere umano". Ricordando i predecessori, il beato Giovanni XXIII, i servi di Dio Paolo VI e
Giovanni Paolo I e specialmente Giovanni Paolo II "la cui testimonianza nei giorni scorsi, più
che mai, ci ha sostenuto e la cui presenza continuiamo ad avvertire sempre viva", il Santo
Padre ha affermato: "La luce e la forza di Cristo risorto sono state irradiate nella Chiesa da
quella sorta di "ultima Messa" che egli ha celebrato nella sua agonia, culminata nell'Amen di
una vita interamente offerta, per mezzo del Cuore Immacolato di Maria, per la salvezza del
mondo".
Il nuovo pontefice si affaccia al balcone su cui è esposto lo stemma di Giovanni Paolo II
Il neo eletto Papa Benedetto XVI saluta la folla di fedeli e rappresentanti politici
I PRIMI ATTI FORMALI DI BENEDETTO XVI
I primi atti formali del nuovo Pontefice sono stati improntati alla continuità con l'operato
di Giovanni Paolo II, indirizzati alla conferma (il 21 aprile 2005) di tutte le cariche
politico-amministrative già esistenti nello Stato Vaticano, divenute vacanti alla morte del suo
predecessore:
- la nomina del cardinale Angelo Sodano a segretario di Stato;
- la conferma donec aliter provideatur dei cardinali, degli arcivescovi capi dei dicasteri
della Curia Romana e del presidente della pontificia commissione per lo Stato della Città del
Vaticano;
- la conferma dell'arcivescovo Leonardo Sandri, sostituto per gli affari generali della
segreteria di Stato;
- la conferma dell'arcivescovo Giovanni Lajolo, segretario per i rapporti con gli Stati della
segreteria di Stato;
- la conferma per il quinquennio in corso dei segretari dei dicasteri della Curia Romana.